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“I bambini hanno bisogno di attenzione, di amore,
di verità e di sentirsi importanti almeno per qualcuno!
La Clown-terapia attraverso un mondo irreale quale è quello dei clown facilita le relazioni, porta sorrisi, speranza e positività per vivere infine... nel mondo reale.

L’idea che la risata abbia una capacità terapeutica proviene dalla saggezza popolare, infatti essa sostiene che “Il riso fa buon sangue”.

Ma questo detto non ha mai avuto credito in campo medico/scientifico, in quanto era considerato come una delle tante massime. Un cambiamento di mentalità si è avuto intorno agli anni 80’, periodo nel quale i medici e gli psicologi hanno iniziato ad avere un interesse crescente per l’influenza che il riso, l’umorismo e le emozioni positive, hanno sull’organismo umano.

All’origine di questo interesse vi è la storia di Norman Cousins, un noto giornalista americano il quale nel 1976 scrisse un articolo “Anathomy of an Illness” che fu pubblicato sul New England Journal of Medicine e quindi approfondito su un libro qualche anno dopo.

Nell’articolo racconta di come gli fosse accaduto di ammalarsi di spondilite alchisonante, una dolorosa e grave malattia dei tessuti connettivi delle articolazioni, e di come gli fosse stata diagnosticata una probabilità di guarigione su 500. Egli scrive: “Tutto questo mi ha dato un bel po’ da pensare. Fino ad allora avevo lasciato ai medici carta bianca ma, a quel punto, sentii che dovevo entrare in azione. Mi sembrava chiaro che se volessi diventare quell’uno su 500, avrei fatto meglio ad essere qualcosa di più di uno spettatore passivo”. Cousins dopo essersi documentato di più sulla sua malattia, si accordò con il proprio medico per abbandonare le cure tradizionali con analgesici ed intraprendere un trattamento in cui assumesse un’alta quantità di vitamina C (avente proprietà antinfiammatorie e coadiuvanti del sistema immunitario); inoltre si riservò di fare delle abbondanti risate almeno per dieci minuti al giorno, a tale scopo si procurò tutte le registrazioni delle candid camera televisive. Egli lasciò l’ospedale ed andò a vivere in una camera d’albergo, dove improvvisò questo nuovo regime terapeutico che coinvolgeva sia il corpo che lo spirito, includendo anche una sana dose di umorismo. Secondo quanto egli dichiarò questi dieci minuti di risate a crepapelle gli procuravano almeno due ore preziose di sonno senza dolori ed anche ulteriori salutari e benefici effetti. Cousins aveva scoperto le basi fisiologiche del detto che “ridere fa buon sangue”, infatti la cura portò ad un lento e costante miglioramento del suo quadro clinico finché egli non guarì completamente. Le conclusioni che trasse da questa esperienza fu: “Che la voglia di vivere non è un’astrazione teorica, ma una realtà fisiologica con effetti terapeutici”.

 

Cosa accade in un bambino, che entra in ospedale?

  • perde la maggior parte dei suoi punti di riferimento;
  • lo spazio della camera è lontano dalla sua realtà;
  • non ha con sé i suoi giocattoli, i suoi libri, i suoi hobbies;
  • non ha i suoi amici e compagni e i suoi familiari;
  • gli orari che scandiscono la giornata sono diversi da quelli a casa;
  • vive un trauma esteso su più livelli: affettivo, emozionale, relazionale;
  • deve “subire” le terapie anche se necessarie.

La clownterapia è un POTENTE mezzo d’intervento sociale, perché il Terzo Settore è un settore dove bisogna innovare. Queste esperienze sono sempre più solide e diffuse, con tanto interesse anche in ambienti accademici e di ricerca sociale. Sono stati attivati anche corsi universitari in queste discipline, e sono state condotte numerose tesi di laurea.

L’obiettivo è usare il circo e le abilità circensi per sviluppare autostima e abilità, dare l’opportunità ai ragazzi di esprimere sé stessi, nutrire la creatività, cambiare punto di vista e passare da un ruolo passivo ad un ruolo attivo, da protagonista. Andando oltre l’esperienza delle arti circensi ed avvicinandosi anche alla lettura, alla musica ed a tutti i tipi di esperienza culturale. E’ anche l’opportunità di creare un collegamento tra le persone che vivono nel disagio e la società, dar loro una possibilità di esprimersi e di venire ascoltati, capire le proprie potenzialità e dare il loro contributo come cittadini del mondo.

Non bisogna re-inserirli, la loro marginalità piuttosto dovrà contribuire ad arricchire il tessuto sociale, devono solo apprendere un linguaggio che permetta di farlo e il circo, come la danza, il teatro o altro, sono uno strumento che consente di relazionarsi con il mondo degli adulti con un’esperienza diversa.

L’associazione CHIMAERA si pone come collegamento, interfaccia, trade union tra queste due realtà.

Si parte dal concetto di «resilienza» adottato in ingegneria, ossia della proprietà di un materiale di ritornare alla forma originale dopo essere stato deformato sotto pressione; in campo psicologico la resilienza indica la presenza di risorse personali che, nonostante circostanze difficili, permettono all'individuo uno sviluppo flessibile ed equilibrato.

Alcuni ragazzi rimangono segnati per tutta la vita dagli ostacoli, dai vincoli e dalle difficoltà incontrati, altri li usano per andare oltre, trasformano i vincoli in opportunità, utilizzano i problemi per affinare capacità e talenti personali. Occorre impegnarsi per sviluppare queste doti.

L’intento che accomuna tutti i professionisti e i volontari coinvolti è di ridurre il dolore, combattere lo stress e la paura, aumentare l’efficacia delle terapie, accorciare la degenza, rendere l’esperienza ospedaliera – nei limiti del possibile – positiva. L’animazione, che a vario titolo viene offerta in reparto, riconosce nella personalizzazione della comunicazione e dell’accoglienza un valore fondativo della qualità che si persegue: le esigenze personali del singolo bambino o bambina dell’adolescente e del familiare che lo accompagna, sono tenute prioritariamente in considerazione per alimentare un clima di scambio, in cui viene accolto in primo luogo il bambino in quanto persona capace di operare scelte ed esprimere desideri e timori; successivamente vengono adottate tutte le misure per combattere e/o rimuovere la causa della sua presenza in ospedale.

La presenza del clown, in particolare, consentirà di:

• facilitare manovre e tecniche infermieristiche specifiche;

• aiutare il miglioramento dei “vissuti” durante la degenza;

• consentire un momento di gioco e distrazione al bambino e alla sua famiglia;

• contribuire a mantenere un ambiente a misura di bambino.

In definitiva si può affermare che la presenza dei Clown offre un beneficio sicuro nel rispetto delle regole dell’ospedale/clinica e delle esigenze psicologiche ed affettive dei bambini malati e delle loro famiglie.

 

Inoltre sarà realizzato un Cd-rom interattivo e implementato un sistema di collegamento via internet da utilizzare per un percorso di preparazione e accompagnamento degli adolescenti agli esami diagnostici, ricovero o interventi chirurgici. Lo scopo è di consentire ai ragazzi la ricerca di informazioni, l’esplorazione di ambienti e l’approfondimento di contenuti specifici. Verranno utilizzati un linguaggio accessibile e schietto, numerosi contributi multimediali – foto, video, animazioni – in grado di arricchire e rendere più coinvolgente il momento della consultazione. La metodologia di lavoro privilegia la partecipazione attiva delle diverse strutture e delle varie professionalità presenti in ospedale, nel quadro di una progettazione condivisa e pluridisciplinare.

In sintesi gli obiettivi del progetto sono:

– promuovere il diritto al gioco sancito dalla Convenzione ONU sui diritti dei bambini;

– prestare maggior attenzione alle esigenze del bambino, cercando di soddisfare i bisogni affettivi e di sviluppo e garantendogli spazi e occasioni per il suo benessere psicologico;

– rendere il bambino “attivo”;

– favorire la socializzazione tra bambini e tra genitori;

– essere di supporto al bambino aiutandolo ad affrontare l’ansia e lo stress;

– offrire sostegno alle famiglie dei bambini ricoverati favorendo l’ascolto e la comunicazione.

 

Il gioco simbolico offre al bambino la possibilità di acquisire diverse abilità e permette la padronanza di situazioni spiacevoli, quindi una sensazione di controllo sempre crescente.

Uno dei giochi più frequenti è quello “del dottore”, in cui il bambino gioca a curare bambole, pupazzi o talvolta noi stessi. In ludoteca mettiamo a disposizione materiale medico vero o finto (garze, bende, pinzette, siringhe senza ago, valigette del dottore giocattolo ecc.). Quest’attività consente di verificare cosa pensa il bambino, di aiutarlo a capire cosa gli sta succedendo e riacquisire così il controllo, aiutandolo ad esprimere la rabbia, la paura e i sensi di colpa.

 

Il progetto, realizzato insieme alla Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno, consente anche di fare formazione. A settembre partirà un corso in cui i volontari affronteranno clownerie, igiene ospedaliera, espressione corporea, sculture di palloncini ma anche gestione delle emozioni, principi base scientifici della comicoterapia. Una formazione articolata che parte dalla messa in discussione di se stessi perché occorre essere in grado di fare comicoterapia anche su se stessi.

L’emozione più grande è quando ti rendi conto che il bambino riesce a ridere nonostante il dolore, mesi di ricovero e anche il genitore ritrova la forza. Allora per un clown l’obiettivo è raggiunto e per lui stesso è un dovere tornare a ridere.

È una filosofia di vita: la clownterapia non è solo una cosa che fai ma qualcosa che diventi.

 

Inviare a pergiancarlo@yahoo.com un messaggio di posta elettronica contenente domande o commenti su questo sito Web.